I freelance fanno ferie?
Non credo di aver mai fatto veramente ferie da quando sono freelance.
Molti mi avevano messo in guardia sul fatto che mettendomi in proprio il confine tra vita privata e vita lavorativa sarebbe diventato molto sottile.
Ed è vero, mi ritrovo al mattino a lavorare prima di colazione, la domenica è un buon giorno per recuperare progetti e alcuni giorni lavoro no stop fino a sera.
Dall’altra parte però me ne vado al mare di lunedì mattina, stacco giorni interi completamente a caso e nessuno mi rompe se faccio una call da un bar.
Mi piace vivere così? Beh, dipende.
Ci sono stati periodi (come l’estate scorsa) in cui troppi clienti in parallelo mi hanno fatto desiderare il posto fisso e le 2 settimane di ferie in un villaggio turistico.
Ma quando sono bravo a proteggere il mio tempo e a selezionare i progetti (lavorativi e personali) mi sembra quasi di aver trovato il bug del mondo del lavoro.
Lavorare un paio d’ore in un café in Giappone, pedalare di mattina col pc in spalle in Vietnam, guidare al confine di Francia e Spagna prima di una call: valgono tutta la precarietà e le ferie mancate del mondo.
E sai perché non mi basta? Perché non dipende al 100% da me.
Se un cliente mi chiama per un’urgenza, le gite le devo rimandare.
Se c’è una call col team marketing messa all’ultimo, col cazzo che vado in spiaggia.
Se nessuno mi paga le fatture, ad un certo punto va bene pure il cliente con lo standup.
E per quanto voglio impuntarmi e dire di no, fare il diverso, capisco bene che alcune logiche di lavoro in gruppo richiedono questo tipo di gestione.
E non ritengo sia sbagliata, penso solo non voglia starci io.
Quindi continuo a lavorare per la totale indipendenza, con meno soldi ma nessuno (nessuno per davvero) a cui dare conto di cosa faccia del mio tempo.
Che poi per andare in Asia servono tanti soldi, ma io me ne sto benissimo pure tra le Alpi piemontesi.